25 marzo: Annunciazione – 28 marzo: Domenica delle Palme – Foglietto Parrocchiale

Benedetto sei tu, Signore, perchè scegli la morte come alleato dell’amore, che prende bene anche I momenti dolorosi,e perchè nel pieno abbandono a Dio non nascondi il turbamento da attraversare. Dona anche a noi di entrare in un’alleanza nuova con il Dio della vita, il coraggio di sottoscrivere con sorrisi e lacrime il nostro pieno abbandono.
Kyrie eleison!

COMMENTO AL VANGELO (Gv. 12,20-33)


Vogliamo vedere Gesù. Grande domanda dei cercatori di sempre, domanda che è mia. La risposta di Gesù dona occhi profondi: se volete capire me, guardate il chicco di grano; se volete vedermi, guardate la croce. Il chicco di grano e la croce, sintesi umile e vitale di Gesù. Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Una frase difficile e anche pericolosa se capita male, perché può legittimare una visione doloristica e infelice della religione. Un verbo balza subito in evidenza per la sua presa emotiva: se non muore, se muore. E pare oscurare tutto il resto, ma è il miraggio ingannevole di una lettura superficiale. Lo scopo verso cui la frase converge è “produrre”: il chicco produce molto frutto. L’accento non è sulla morte, ma sulla vita. Gloria di Dio non è il morire, ma il molto frutto buono. Os-serviamo un granello di frumento, un qualsiasi seme: sembra un guscio secco, spento e inerte, in realtà è una piccola bomba di vita. Caduto in terra, il seme non marcisce e non muore, sono metafore allusive. Nella terra non sopraggiunge la morte del seme, ma un lavorio infaticabile e meraviglioso, è il dono di sé: il chicco offre al germe (ma seme e germe non sono due cose diverse, sono la stessa cosa) il suo nutrimento, come una madre offre al bimbo il suo seno. E quando il chicco ha dato tutto, il germe si lancia verso il basso con le radici e poi verso l’alto con la punta fragile e potentissima delle sue foglioline. Allora sì che il chicco muore, ma nel senso che la vita non gli è tolta ma trasformata in una forma di vita più evoluta e potente.

La seconda immagine dell’auto-presentazione di Gesù è la croce: quando sarò innalzato attirerò tutti a me. Io sono cristiano per attrazione, dalla croce erompe una forza di attrazione universale, una forza di gravità celeste: lì è l’immagine più pura e più alta che Dio ha dato di se stesso. Con che cosa mi attira il Crocifisso? Con i miracoli? Con lo splendore di un corpo piagato? Mi attira con la più grande bellezza, quella dell’amore. Ogni gesto d’amore è sempre bello: bello è chi ami e ti ama, bellissimo è chi, uomo o Dio, ti ama fino all’estremo. Sulla croce l’arte divina di amare si offre alla contemplazione cosmica.

«A un Dio umile non ci si abitua mai» (papa Francesco), a questo Dio capovolto che scompiglia le nostre immagini ancestrali, tutti i punti di riferimento con un chicco e una croce, l’umile seme e l’estremo abbassamento: Dio ama racchiudere il grande nel piccolo:

l’universo nell’atomo

l’albero nel seme

l’uomo nell’embrione

la farfalla nel bruco

l’eternità nell’attimo

l’amore in un cuore

se stesso in noi.

25 MARZO: SOLENNITA’ DELL’ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE


Oggi è rivelato il mistero che è da tutta l’eternità:

il Figlio di Dio diventa Figlio dell’uomo;

partecipando a ciò che è inferiore,

ci rende partecipi delle cose più alte.

Adamo all’inizio fu ingannato:

cercò di diventare Dio, ma non vi riuscì.

Ora Dio diventa uomo,

per divinizzare Adamo.

Si rallegri la creazione ed esulti la natura:

l’arcangelo sta con timore davanti alla Vergine,

e con il suo saluto: «Rallegrati» reca

l’annuncio gioioso che il nostro dolore è finito.

O Dio, che ti sei fatto uomo per la tua misericordiosa compassione,

sia gloria a te!

(Orthros, Liturgia ortodossa, Orthros della festa dell’Annunciazione)